Palazzo Comunale e Sala Consiliare - Veroli
Il Palazzo del Municipio sorge sulla piazza principale della città, dove era l'antico Foro romano.
Di fronte all'indebolimento del potere temporale del vescovo dovuto allo scisma provocato dall'elezione dell'antipapa Anacleto II(1130-1138), in opposizione ad Innocenzo II(1130-1143), si ebbe in Veroli il passaggio all'autonomia cittadina, cioè al regime comunale, con la figura dei consoli. Di essi si fa menzione per la prima volta in un documento del 18 maggio 1134, allorquando " Grimoaldus et Anastasius et Bulgarellus tunc temporis consules" assistono alla risoluzione del vescovo Stefano su una questione fra due ecclesiastici della diocesi. Dal regime consolare si passò alla figura del podestà, rappresentante che fungeva da moderatore e che veniva eletto tra i forestieri. La prima notizia di un podestà a Veroli è del 1239 e sembra si tratti di un forestiero di nobile condizione, tale dominus Luca, forse di Vico(oggi Vico nel Lazio) . Così nel 1224, la città appare governata nuovamente da consoli e, nel 1258, da rectores; poi, nel 1275, per la vendita di alcuni fondi comunali, la rappresentanza risulta attribuita ad un procuratore speciale ed analoga situazione si rinviene in alcuni strumenti del 1227. Veroli ebbe un podestà di primissimo rilievo con la figura del Cardinale Benedetto Caetani, il quale continuò a ricoprire la carica cittadina anche dopo che venne eletto papa( 1294-1303) con il nome di Bonifacio VIII. Il podestà rimaneva in carica per sei mesi o al più un anno. Aveva il privilegio d'indossare la toga ed il cappello consolare e di portare
un bastone coperto di velluto nero con pomo di argento in segno di autorità. La città di Veroli era retta con un organico statuto comunale del quale si conserva tuttora copia a stampa nella Biblioteca Giovardiana.
Al primo piano dell'edificio municipale sulla parete del corridoio c'è un affresco del XVIII secolo raffigurante S. Salome, patrona della città e della diocesi. Al secondo piano si trova l'elegante sala consiliare nobilitata dagli stalli in legno di noce del XVIII secolo provenienti dalla chiesa di S. Martino ed opera dei frati minori osservanti. Le pareti dipinte dal conte Stanislao De Witten, presentano le figure di S.Salome, Giovanni Antonio Sulpicio, Gracilia, Dante Alighieri e gli stemmi delle città confederate: Roma, Palestrina, Atina e Alfedena.
Giovanni Antonio Sulpicio fu figura di indiscutibile rilievo culturale; nacque a Veroli intorno al 1440 e qui fece i suoi primi studi nella scuola vescovile. Lasciò la città natia per recarsi a Roma dove entrò nell'Accademia Romana; in seguito insegnò a Perugia e fu alla corte dei Montefeltro a Urbino. Tornò a Roma e nel 1480 tenne cattedra alla Sapienza per ben 24 anni; nell'urbe morì nel 1508. Scrisse una grammatica latina Opus Grammaticum Sulpitianum, numerosi commenti agli antichi codici manoscritti della latinità, come il De acquaeductu Urbis di Frontino, nel 1484; le opere di Vegezio, di Eliano, di Modestino,1487; le Institutiones di Quintiliano,1494 ecc.Il capolavoro del Sulpicio nel campo della filologia fu l'edizione del De Architectura di Vitruvio, pubblicata nel 1484. L'opera meritò un'attenzione particolare da parte degli architetti e degli yrbnisti del rinascimento; la conobbero certamente, tra gli altri, Leonardo, Antonio e Francesco da Sangallo, il Bramante e Michelangelo. Sulpicio si sobbarcò questa immane fatica per consiglio di Pomponio Leto e per sollecitazioni del dotto e munifico cardinale Raffaele Riario, che ne finanziò la stampa. L'impegno culturale di Sulpicio non si esauriva nella ricerca, nell'interpretazione e nel commento degli antichi codici: la filologia era solo un aspetto della sua versatile attività di studioso umanista. Egli era anche portato per la poesia, la musica e il teatro. Tra i suoi componimenti in metrica, di argomento religioso, il Iudicuim Dei supremum dei vivis et mortuis, pubblicato a Roma nel 1506, senza dubbio il più impegnativo ed apprezzato. Il breve poema passò certamente tra le mani di uno dei suoi alunni più illustri Alessandro Farnese, il futuro papa Paolo III e da questi a Michelangelo, che ad esso si ispirò per la realizzazione del Giudizio Universale nella Cappella Sistina.
Un medaglione bronzeo dello scultore Ferrari ricorda Aonio Paleario lo sventurato umanista che, il 13 luglio del 1570 venne strangolato e poi bruciato a Roma, dopo essere stato condannato per eresia dal tribunale dell'Inquisizione; un bassorilievo di Clemente XIII, attribuito allo scultore romano Tommaso Righi, venne fatto collocare nel 1767 dal verolano Nicola Nocchiaroli. Altre significative epigrafi sono presenti nello storico civico palazzo. " La sala consiliare del comune di Veroli è un vero e proprio monumento: in essa arte e storia, religione e letteratura si fondono, si condensa il tessuto civile della città, si conserva memoria dei cittadini più insigni che la onorano, esprime visivamente i valori e le virtù civiche che la animarono. Chi entra la prima volta non può non avvertire un'atmosfera calda e densa, una forte suggestione, il fascino della municipalità". All'interno dell'edificio comunale si trovano locali recentemente adibiti a museo di civiltà ernica e romana, in cui sono visibili le mura megalitiche di sostruzione del Foro risalenti al IV a.C. La maggior parte dei reperti esposti sono stati donati al Comune , con alto senso civico, dalla famiglia Papetti in memoria di Nino, appassionato cultore di memorie locali e per anni ispettore ai beni archeologici e monumentali di Veroli. In questi ambienti sono conservate le iscrizioni romane che ricordano due importanti personaggi: Gracco, prefetto dei fabbri, e Lucio Alfio, duumviro.
Un medaglione bronzeo dello scultore Ferrari ricorda Aonio Paleario lo sventurato umanista che, il 13 luglio del 1570 venne strangolato e poi bruciato a Roma, dopo essere stato condannato per eresia dal tribunale dell'Inquisizione; un bassorilievo di Clemente XIII, attribuito allo scultore romano Tommaso Righi, venne fatto collocare nel 1767 dal verolano Nicola Nocchiaroli. Altre significative epigrafi sono presenti nello storico civico palazzo. " La sala consiliare del comune di Veroli è un vero e proprio monumento: in essa arte e storia, religione e letteratura si fondono, si condensa il tessuto civile della città, si conserva memoria dei cittadini più insigni che la onorano, esprime visivamente i valori e le virtù civiche che la animarono. Chi entra la prima volta non può non avvertire un'atmosfera calda e densa, una forte suggestione, il fascino della municipalità". All'interno dell'edificio comunale si trovano locali recentemente adibiti a museo di civiltà ernica e romana, in cui sono visibili le mura megalitiche di sostruzione del Foro risalenti al IV a.C. La maggior parte dei reperti esposti sono stati donati al Comune , con alto senso civico, dalla famiglia Papetti in memoria di Nino, appassionato cultore di memorie locali e per anni ispettore ai beni archeologici e monumentali di Veroli. In questi ambienti sono conservate le iscrizioni romane che ricordano due importanti personaggi: Gracco, prefetto dei fabbri, e Lucio Alfio, duumviro.
Di fronte all'indebolimento del potere temporale del vescovo dovuto allo scisma provocato dall'elezione dell'antipapa Anacleto II(1130-1138), in opposizione ad Innocenzo II(1130-1143), si ebbe in Veroli il passaggio all'autonomia cittadina, cioè al regime comunale, con la figura dei consoli. Di essi si fa menzione per la prima volta in un documento del 18 maggio 1134, allorquando " Grimoaldus et Anastasius et Bulgarellus tunc temporis consules" assistono alla risoluzione del vescovo Stefano su una questione fra due ecclesiastici della diocesi. Dal regime consolare si passò alla figura del podestà, rappresentante che fungeva da moderatore e che veniva eletto tra i forestieri. La prima notizia di un podestà a Veroli è del 1239 e sembra si tratti di un forestiero di nobile condizione, tale dominus Luca, forse di Vico(oggi Vico nel Lazio) . Così nel 1224, la città appare governata nuovamente da consoli e, nel 1258, da rectores; poi, nel 1275, per la vendita di alcuni fondi comunali, la rappresentanza risulta attribuita ad un procuratore speciale ed analoga situazione si rinviene in alcuni strumenti del 1227. Veroli ebbe un podestà di primissimo rilievo con la figura del Cardinale Benedetto Caetani, il quale continuò a ricoprire la carica cittadina anche dopo che venne eletto papa( 1294-1303) con il nome di Bonifacio VIII. Il podestà rimaneva in carica per sei mesi o al più un anno. Aveva il privilegio d'indossare la toga ed il cappello consolare e di portare
un bastone coperto di velluto nero con pomo di argento in segno di autorità. La città di Veroli era retta con un organico statuto comunale del quale si conserva tuttora copia a stampa nella Biblioteca Giovardiana.
Al primo piano dell'edificio municipale sulla parete del corridoio c'è un affresco del XVIII secolo raffigurante S. Salome, patrona della città e della diocesi. Al secondo piano si trova l'elegante sala consiliare nobilitata dagli stalli in legno di noce del XVIII secolo provenienti dalla chiesa di S. Martino ed opera dei frati minori osservanti. Le pareti dipinte dal conte Stanislao De Witten, presentano le figure di S.Salome, Giovanni Antonio Sulpicio, Gracilia, Dante Alighieri e gli stemmi delle città confederate: Roma, Palestrina, Atina e Alfedena.
Giovanni Antonio Sulpicio fu figura di indiscutibile rilievo culturale; nacque a Veroli intorno al 1440 e qui fece i suoi primi studi nella scuola vescovile. Lasciò la città natia per recarsi a Roma dove entrò nell'Accademia Romana; in seguito insegnò a Perugia e fu alla corte dei Montefeltro a Urbino. Tornò a Roma e nel 1480 tenne cattedra alla Sapienza per ben 24 anni; nell'urbe morì nel 1508. Scrisse una grammatica latina Opus Grammaticum Sulpitianum, numerosi commenti agli antichi codici manoscritti della latinità, come il De acquaeductu Urbis di Frontino, nel 1484; le opere di Vegezio, di Eliano, di Modestino,1487; le Institutiones di Quintiliano,1494 ecc.Il capolavoro del Sulpicio nel campo della filologia fu l'edizione del De Architectura di Vitruvio, pubblicata nel 1484. L'opera meritò un'attenzione particolare da parte degli architetti e degli yrbnisti del rinascimento; la conobbero certamente, tra gli altri, Leonardo, Antonio e Francesco da Sangallo, il Bramante e Michelangelo. Sulpicio si sobbarcò questa immane fatica per consiglio di Pomponio Leto e per sollecitazioni del dotto e munifico cardinale Raffaele Riario, che ne finanziò la stampa. L'impegno culturale di Sulpicio non si esauriva nella ricerca, nell'interpretazione e nel commento degli antichi codici: la filologia era solo un aspetto della sua versatile attività di studioso umanista. Egli era anche portato per la poesia, la musica e il teatro. Tra i suoi componimenti in metrica, di argomento religioso, il Iudicuim Dei supremum dei vivis et mortuis, pubblicato a Roma nel 1506, senza dubbio il più impegnativo ed apprezzato. Il breve poema passò certamente tra le mani di uno dei suoi alunni più illustri Alessandro Farnese, il futuro papa Paolo III e da questi a Michelangelo, che ad esso si ispirò per la realizzazione del Giudizio Universale nella Cappella Sistina.
Un medaglione bronzeo dello scultore Ferrari ricorda Aonio Paleario lo sventurato umanista che, il 13 luglio del 1570 venne strangolato e poi bruciato a Roma, dopo essere stato condannato per eresia dal tribunale dell'Inquisizione; un bassorilievo di Clemente XIII, attribuito allo scultore romano Tommaso Righi, venne fatto collocare nel 1767 dal verolano Nicola Nocchiaroli. Altre significative epigrafi sono presenti nello storico civico palazzo. " La sala consiliare del comune di Veroli è un vero e proprio monumento: in essa arte e storia, religione e letteratura si fondono, si condensa il tessuto civile della città, si conserva memoria dei cittadini più insigni che la onorano, esprime visivamente i valori e le virtù civiche che la animarono. Chi entra la prima volta non può non avvertire un'atmosfera calda e densa, una forte suggestione, il fascino della municipalità". All'interno dell'edificio comunale si trovano locali recentemente adibiti a museo di civiltà ernica e romana, in cui sono visibili le mura megalitiche di sostruzione del Foro risalenti al IV a.C. La maggior parte dei reperti esposti sono stati donati al Comune , con alto senso civico, dalla famiglia Papetti in memoria di Nino, appassionato cultore di memorie locali e per anni ispettore ai beni archeologici e monumentali di Veroli. In questi ambienti sono conservate le iscrizioni romane che ricordano due importanti personaggi: Gracco, prefetto dei fabbri, e Lucio Alfio, duumviro.
Un medaglione bronzeo dello scultore Ferrari ricorda Aonio Paleario lo sventurato umanista che, il 13 luglio del 1570 venne strangolato e poi bruciato a Roma, dopo essere stato condannato per eresia dal tribunale dell'Inquisizione; un bassorilievo di Clemente XIII, attribuito allo scultore romano Tommaso Righi, venne fatto collocare nel 1767 dal verolano Nicola Nocchiaroli. Altre significative epigrafi sono presenti nello storico civico palazzo. " La sala consiliare del comune di Veroli è un vero e proprio monumento: in essa arte e storia, religione e letteratura si fondono, si condensa il tessuto civile della città, si conserva memoria dei cittadini più insigni che la onorano, esprime visivamente i valori e le virtù civiche che la animarono. Chi entra la prima volta non può non avvertire un'atmosfera calda e densa, una forte suggestione, il fascino della municipalità". All'interno dell'edificio comunale si trovano locali recentemente adibiti a museo di civiltà ernica e romana, in cui sono visibili le mura megalitiche di sostruzione del Foro risalenti al IV a.C. La maggior parte dei reperti esposti sono stati donati al Comune , con alto senso civico, dalla famiglia Papetti in memoria di Nino, appassionato cultore di memorie locali e per anni ispettore ai beni archeologici e monumentali di Veroli. In questi ambienti sono conservate le iscrizioni romane che ricordano due importanti personaggi: Gracco, prefetto dei fabbri, e Lucio Alfio, duumviro.